Teatro di Porta Romana
9 / 30 aprile 1999
Elio De Capitani
di William Shakespeare
In un salotto di fine millennio si consuma una torbida vicenda familiare virata attraverso un violento espressionismo: una scena incellofanata dove scorrono divani e poltrone che compongono in geometrie diverse le relazioni fra i personaggi, divise paramilitari e lunghi cappotti in pelle che rivestono personaggi stagliati in un'oscurità che li risucchia o li respinge, un ampio spettro di registri, dal tragico al comico all'avanspettacolo, che danno luogo a un'ardita commistione, contrassegno della compagnia e forza di attrazione dello spettacolo. Incarnazione del conflitto tra adattamento e rinuncia, Amleto si sente inadeguato a rivestire le certezze dell'armatura paterna, è disgustato dalla debolezza materna di cui si sente ancora più figlio, sente dentro di sé la vocazione dell'artista che si costuisce un suo 'altro mondo. Ma non ha arte, quindi non ha rifugio che lo sottragga alle responsabilità dell'azione.
È Ferdinando Bruni a vestire i panni di Amleto 'uomo solo in fuga, capriccioso e viziato, devastato a onde dalla rabbia e dal dolore, dal vizio di essere ciò che è, artista mancato, uomo di potere'.
De Capitani/Crippa
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