Dopo aver esplorato le conseguenze dell'abbandono in Va Tutto Bene, la compagnia Oyes porta avanti la sua ricerca tra le crepe e le contraddizioni dell'animo umano. Vania racconta le paure, le frustrazioni e il senso di vuoto dei nostri tempi attraverso una drammaturgia originale costruita a partire dai temi e dai personaggi principali di Zio Vanja, uno dei capolavori di Anton Čechov. «Tutti, finché siamo giovani, cinguettiamo come passeri sopra un mucchio di letame. A vent'anni possiamo tutto, ci buttiamo in qualsiasi impresa. E verso i trenta siamo già stanchi, è come dopo una sbornia. A quarant'anni poi siamo già vecchi e pensiamo alla morte. Ma che razza di eroi siamo? Io vorrei solo dire alla gente, in tutta onestà, guardate come vivete male, in che maniera noiosa. E se lo comprenderanno inventeranno sicuramente una vita diversa, una vita migliore, una vita che io non so immaginare». Così scriveva Anton Cechov in una delle sue lettere. Ed è proprio dalla stessa pervasiva sensazione di stagnamento e immobilismo che è nata la necessità di questo lavoro – spiega il regista Stefano Cordella – come la maggior parte dei trentenni, anche noi ci ritroviamo in un limbo poco rassicurante e per non sentire il vuoto ci aggrappiamo al passato e guardiamo al futuro con poche speranze.